lunedì 9 aprile 2012

il brutto anatroccolo



in autunno scorso fu possibile leggere su alcuni quotidiani:
"Il Palazzo Mayerà non è più in vendita, il Comune lo esclude dall'elenco dei beni alienabili". 
La notizia sicuramente non ha fatto scalpore ma ha ridato un pò di tranquillità a quelle persone che con la delibera n° 15 del 30 Giugno 2011 avevano temuto di dover dire addio ad un altro pezzo della nostra storia. Forse il rischio non è mai stato reale ma tanto basta per evidenziare ancora una volta come e quanto sia valorizzato il nostro patrimonio storico e culturale.
Molti si sono mossi in difesa del palazzo, con mezzi e motivazioni diverse ed alla fine è arrivata la "lieta novella"!
Ma i problemi non sono finiti sia perchè cominciano ad essere maggiormente evidenti delle lesioni nelle mura (parte del tetto è rovinato ed andrebbe riparato con urgenza) sia perchè non si capisce bene quale dovrebbe essere la destinazione della struttura. Si è passati infatti da "bene alienabile" a "centro per la valorizzazione di prodotti locali" passando attraverso la proposta di realizzazione di un "museo etnologico" (di cosa?)! 
Ancora più preoccupante è sapere se, trovati i fondi, chi ne eseguirà i lavori avrà le competenze necessarie per un vero recupero o si continuerà ad operare con le modalità di intervento fatte dai vecchi proprietari i cui risultati sono purtroppo ben visibili.
Nel frattempo credo sia utile pubblicare alcune foto che facevano parte integrante di un articolo pubblicato sul "Quotidiano". 
L'articolo in questione fu scritto dal Prof. O. Cavalcanti che, nell'intenzione originaria, volendo sottolineare l'importanza del palazzo e dissentire sulla decisione fatta dall'Amministrazione Comunale, ne ripercorse le vicende storiche passando dai dati del "Catasto Onciario" del 1743 fino ad arrivare alla donazione del Feudo di Sartano da parte della Regina Giovanna a Filippo Cavalcanti nel 1364. Il tutto era corredato da un'analisi degli elementi architettonici del Palazzo fatte da un archeologo romano sulla base di una documentazione fotografica. (???)
L'articolo in questione, come sottolineato, aveva delle precise finalità, ma una volta pubblicato scomparvero alcune righe di testo, scomparvero tutte le foto a corredo dell'articolo (rendendo incomprensibile parte dello stesso) e comparve invece un intervento del Sindaco che trasformò l'articolo di denuncia in un articolo di propaganda per l'operato dell'Amministrazione... 
Prodigi della politica! ... Ma perchè non pubblicare le foto? 


Rimediamo subito.
L'immagine di apertura è una di quelle più note. Questa foto, in particolare, vuole mettere in evidenza l'ala ovest del palazzo, quella che ha subito gli interventi di ristrutturazione più recenti. Della struttura originaria di quest'ala rimangono solo le mura esterne. Il tetto è stato rifatto, è stato eliminato un piano ammezzato, sono comparsi dei balconi... 
La parte più interessante da un punto di vista storico ed architettonico è invece l'ala est del palazzo che ha avuto nel corso degli anni la "fortuna" di essere usata come magazzino di deposito e come cantina ed è stata perciò risparmiata da interventi più invasivi. Ha comunque subito l'ingiuria del tempo. Si racconta fosse chiamata "a turretta" e doveva avere un'altezza ben maggiore ma è stata abbassata a seguito di danni riportati nel corso dei terremoti del secolo scorso. E' sicuramente la parte più antica e mostra modalità d'uso e tipologie di materiali di costruzione diversi dal resto del palazzo. Presenta anche degli elementi decorativi di pregio come i conci di pietra agli angoli del muro sud e conici in pietra poste fra primo e secondo piano.



Lato ovest

Particolare della cornice
Quest'ala del palazzo, sul lato sud ha tre aperture (una porta al piano terra e due finestre al primo piano) realizzate chiaramente in tempi relativamente recenti. Sul lato est sono visibili sei finestre. Due al primo piano che si affacciano su di un balcone protetto da una ringhiera in ferro battuto e realizzato con laterizi moderni. Altre quattro finestre sono visibili nella parte bassa del muro; quelle più alte sono protette da inferriate, mentre quelle più basse a livello del piano stradale sono state murate. Sul lato nord sono presenti altre aperture con organizzazione perfettamente simmetrica al lato sud, quindi due finestre al primo piano di cui una con balcone e l'altra più piccola ed una porta di grandi dimensioni a livello della strada attualmente murata.


Interno dell'ala est del palazzo al piano terra
Fino a qualche tempo fa era possibile accedere all'interno di quest'ala del palazzo e, qualora si riusciva a superare il senso di "disgusto" causato da quella che era diventata una sorta di discarica, osservando l'ambiente con occhio più attento ci si rendeva subito conto di trovarsi di fronte ad una struttura molto interessante.
Nella foto si vede bene che il locale è stato diviso da un ammezzato che ha creato due ambienti, quello inferiore, rappresentato dalla foto in alto e quello superiore del quale l'archeologo romano ha scritto: "... questo bellissimo ambiente a occhio mi verrebbe di datarlo almeno al pieno quattrocento. Naturalmente l'uso dei conci di pietra nei pilastri e nelle arcate e dei laterizi nelle volte può datarsi anche a un secolo prima.  I capitelli che non vedo molto bene perchè sono sfuocati (se non sbaglio hanno baccellature e dentelli) mi sembrano più rinascimentali che trecenteschi anche per il loro grande rigore compositivo.  Ma posso sbagliarmi. In ogni modo in tutte queste cose sono molto importanti i confronti con l'architettura locale. In altre regioni d'Italia l'ambito cronologico di determinate tecniche costruttive potrebbe .essere completamente diverso".


Ecco la foto:


Dal confronto dei due ambienti ci si rende conto che le quattro finestre presenti sul lato est sono il risultato di un intervento coevo alla realizzazione dell'ammezzato. Intervento che ha portato alla "riduzione" delle dimensione delle stesse che originariamente dovevano essere solo due, molto alte e probabilmente simili a quelle presenti al castello di Cosenza. Sulla base di questa valutazione realizzai un fotomontaggio che inviai all'archeologo assieme ai dettagli dei capitelli.


Possibile struttura delle antiche finestre


Capitello lato est dell'ambiente superiore


Capitello lato ovest 

La risposta fu: "... le sue ultime fotografie chiariscono molte cose: Non avevo capito lo sviluppo verticale delle sue finestre che adesso è chiaro con il fotomontaggio; quindi il suo confronto con le finestre del castello di Cosenza è molto appropriato. Il capitello è interessantissimo. Vedo che l'ovolo è fatto con una pietra di tipo diverso ,inoltre non segue il ritmo dei soprastanti dentelli; questi due fattori mi fanno pensare che possa essere un elemento di reimpiego, proveniente forse da una cornice ionica d'anta di epoca romana, mentre il resto del capitello è in fase con i pilastri. La composizione comunque è molto rigorosa e sembra opera di chi conosce e sa interpretare molto bene le trabeazioni corinzie romane, per questo motivo mi fa pensare a un capitello rinascimentale ...Varrebbe senz'altro la pena fare qualche ricerca per trovare dei confronti tra i capitelli tardo-medievali o di età moderna. La datazione di un edificio comunque è sempre una cosa molto complessa che richiede molte ricerche, anche per quanto riguarda le tecniche edilizie. Ad esempio le volte in mattoni potrebbero darci un "terminus postquem" perché in molte regioni italiane la produzione dei mattoni ricomincia a partire da una determinata  epoca (che è diversa tra una regione e l'altra) dopo la lunga parentesi medievale."


In un'ultima corrispondenza con l'archeologo, informatolo dell'intenzione di usare la sua analisi per la pubblicazione di un articolo rispose: " ... penso che faccia molto bene a scrivere questo articolo, soprattutto per sensibilizzare la gente del luogo. La ringrazio per volermi coinvolgere, purtroppo però non ho  tempo di dedicarmi a uno studio di questo tipo, vivendo anche a Roma: Le cose che le ho detto sono semplici indicazioni operative, ma sono tutte cose da verificare alla luce di un'analisi più approfondita e che potrebbero anche essere completamente smentite. Può riportarle nel suo articolo se vuole, con le dovute cautele, ma senza citarmi perché non c'è nessuna ufficialità. ...". 

Questo è quanto.
Ritengo sia necessario dare risalto a queste emergenze storiche ed architettoniche. Il conoscerle è il primo passo per la loro salvaguardia con la speranza che qualsiasi sia l'intervento e qualsiasi sia la futura destinazione del Palazzo il tutto sia fatto nel rispetto della sua storia garantendone la sua tutela e valorizzazione.

lunedì 19 marzo 2012

C'era una volta...

...tanto tanto tempo fa... o in tempi più recenti ...o da sempre... per motivi che non sapremo mai... delle persone che, nella presunzione di fare il bene comune....

Da qualche tempo fa bella mostra di se uno striscione che recita: "Torano antica Città Ducale".
E' una presa di coscienza delle nostre origini? Un inizio di rivalutazione del nostro patrimonio storico? O semplicemente l'ulteriore tentativo di raggranellare qualche spicciolo per finanziare le disastrate casse comunali?

Ai posteri l'ardua sentenza.
Fatto sta che fino ad oggi niente è stato fatto per una valorizzazione reale del territorio, della sua cultura e del suo patrimonio storico ed artistico. La foto di fianco ne è una delle dimostrazioni più evidenti.

Domandine:
a) sapete cosa rappresenta
b) dove si trova?


Risposte:
a) E' una cisterna per la raccolta d'acqua!
b) Non si trova più!

Si trovava infatti in quel di "Cozzo la Torre" sul bordo della vecchia via d'accesso alla cava, più o meno nella parte centrale della foto a livello del piano di calpestio della casetta che ancora si vede sulla sinistra.
E pensare che nel periodo in cui fu scattata la foto, siamo circa nel 2003, uno degli assessori del tempo disse: "... è vero, abbiamo dato la concessione per lo sfruttamento della cava, ma ci è stato garantito che sarà tutto riportato com'era prima!..."
Non so perché ma non riuscii a prendere sul serio quelle parole...

Eppure il nome "Cozzo la Torre" è abbastanza famoso... se provate ad inserirlo in un motore di ricerca troverete almeno una trentina di pagine che lo riguardano e tutte fanno riferimento ad una "zona archeologica" nella quale Juliette De la Geniére negli anni '60 effettuò degli scavi, ampiamente documentati in una sua pubblicazione fatta su un periodico dell'Accademia dei Lincei (Scavi nella necropoli (1965) e saggi in contrada Cozzo la Torre, in NSc 1977, pp. 389-422, pp. 409-410). Questi scavi però, nonostante siano tutt'ora un validissimo riferimento per molti  lavori relativi ad insediamenti dell'età del ferro, per quanto ci riguarda sono stati sfortunati perché non hanno portato nessun risultato pratico. Si narra infatti (anche per Cozzo la Torre esistono delle leggende) che la De la Geniére fosse alla ricerca della mitica Pandosia ed il fatto di non aver trovato "possenti mura" o importanti resti di abitazioni l'ha spinta a cercare altrove. In quel periodo infatti cominciavano a venir alla luce notevoli reperti archeologici in quel di Amendolara... per cui,  dicunt, l'archeologa si spostò con armi e bagagli facendo sì che "Cozzo la Torre" ritornasse nel limbo!

Sulla zona archeologica di "Cozzo la Torre" ci sono però delle ombre... dei misteri... ed il primo è proprio quello relativo alla sua esistenza. Mi spiego meglio... Ufficialmente si parla del sito per la prima volta proprio in relazione agli scavi fatti dalla De la Geniére, ed in seguito in una pubblicazione, ormai introvabile, a cura del Prof. O. Cavalcanti e realizzata col patrocinio del Comune di Torano Castello avente come titolo proprio: "Torano Castello: La Zona Archeologica di Cozzo la Torre".
In realtà esistono anche altre tracce come ad esempio a pag. 30 del libro "Atlante tematico di topografia antica: opere di assetto territoriale ed urbano" a cura di L. Quilici, ed. "L'Erma" di Bretscheneider, 1995 Roma, si legge: "164. Torano (CS) loc. Cerra (in realtà Cerro). A sud est del borgo di Sartano... ... tombe del periodo tardo imperiale saccheggiate da clandestini. - Bibbliografia: Gallo 1990, p. 227" e "165. Torano (CS) loc. Cozzo la Torre. Alla sinistra del fiume Crati... ...si segnalano resti di strutture e pavimenti in cocciopesto ed a mosaico con tessere bianche e rosse; tubuli in terracotta. Bibbliografia: Gallo 1990, p. 229-236. Arch. Sopr. 1950, 1951, s.v. Torano".
Cioè già nel 1950, quindici anni prima dei saggi fatti dalla De la Geniére esisteva una documentazione presso la Soprintendenza relativa a questa zona!


Quanto rimaneva alla fine degli anni '90 delle tombe in loc. Cerro

Quindi... si sapeva! E se si sapeva cosa si è fatto?
O meglio, sulla base delle varie normative (attualmente è in vigore il  Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n.  42 relativo al Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 ma anche la legislazione precedente prevedeva un'azione di tutela e valorizzazione da parte degli Enti Pubblici territoriali) le Amministrazioni che si sono avvicendate nel corso degli anni che cosa hanno fatto? Hanno valorizzato? Hanno tutelato?
Certo che  NO!
A partire dagli anni settanta hanno autorizzato la costruzione di una fattoria, in seguito il passaggio dell'acquedotto "Abatemarco", per poi  passare nei primi anni ottanta ad autorizzare la costruzione di tre strutture industriali per l'allevamento di polli, in seguito verso la fine degli anni novanta la "coltivazione" di ben tre cave di inerti, fino ad arrivare al passaggio di un elettrodotto...!!!
Non c'è che dire si sono dati da fare...
Ma tutto ciò è successo in quanto la "fantomatica" zona archeologica non è ben definita?
Sembrerebbe di no...
L'immagine che segue è uno stralcio della tavola 14 S.P. 2 relativa al Sistema Pianificazione - Vincoli - realizzata nell'ambito del Piano Strutturale Comunale e scaricabile dal link


La tavola è stata realizzata in tempi recenti... sembrerebbe nel 2009 ma non mi è noto che negli anni vi sia stata una "variazione" di quella che è riportata come "zona archeologica" per cui è lecito pensare che questa delimitazione è stata fatta sulla base dei vecchi dati relativi ai saggi fatti dalla De la Geniére che sono evidenziati sulla carta come "NECROPOLI" e "REPERTI".
Sulla tavola sono ben raffigurati gli scempi fatti sul sito. Le linee tratteggiate blu sono acquedotti e quello sull'asse nord-sud è l'Abatemarco. I cerchi verdi evidenziano le vecchie strutture di allevamento. Le linee verdi indicano gli elettrodotti. La fattoria è quasi a ridosso alla necropoli ed infine le tre cave "A", "B" e "C" che sono quasi impercettibili sul disegno in quanto utilizzano lo stesso colore dell'area "archeologica" ma con un tratteggio diverso quasi a voler nascondere "sulla carta" l'oltraggio fatto, sono proprio nella zona centrale della "Zona Archeologica".


La foto è stata scaricata da google earth ed è relativa al 2006 nella quale è evidente l'uso della cava "B" mentre le altre due cominciano ad essere ricoperte da vegetazione.


Infine altra foto della zona datata 4 luglio 2011. Sembrerebbe dismessa anche la cava "B" anche se, ri-dicunt, ogni tanto si vede in giro qualche camion con inerti. Il colore bianco della via d'accesso lato est sembrerebbe avvalorare tali "dicerie".
Certo è, che delle "rassicurazioni" fatte dall'assessore nel 2003 non c'è traccia!










giovedì 8 marzo 2012

Immagini

Le immagini sono emozioni... nel raccontarle diventano frammenti di vita.


E' questa la chiave di lettura: il tentativo di raccontare, attraverso immagini e parole,  luoghi e situazioni di vita quotidiana che pur nella loro semplicità e lontani dalla Storia con la "s maiuscola" sono alla base del nostro essere.
Queste pagine sono uno spazio aperto a quanti, con foto, testi o commenti  vorranno contribuire alla sua realizzazione.